“Meccatronica, Industry 4.0 e digitalizzazione in Veneto rappresentano un mix strategico per l’innovazione. Integrare le competenze in area meccatronica con quelle più squisitamente digitali è stata quindi una sfida che abbiamo accolto volentieri nell’ultimo anno proprio in virtù della nostra storia decennale in ambito meccatronico – spiega Giorgio Spanevello, Direttore Generale ITS Meccatronico Veneto -. Se vogliamo è stata un’evoluzione naturale e anche necessaria. Il dialogo con le aziende venete ha reso evidente quanto fosse imprescindibile preparare anche quei tecnici che, di fatto, devono contribuire a far girare gli ingranaggi dello Smart manufacturing, oggi alla base delle produzioni Made in Italy destinate al mercato interno ma soprattutto all’export. La Digital transformation del comparto manifatturiero porta con sé un investimento in tecnologie che non si può ignorare se si vuole continuare ad essere competitivi: big data, cloud computing, extended supply chain richiedono un controllo totale del macchinario attraverso il dato.
Le tre figure in area Digital e ICT del sistema ITS
In questa direzione va quindi anche l’offerta formativa del nostro ITS Meccatronico Veneto. Con le tre figure in area Digital e ICT del sistema ITS l’obiettivo è di rispondere a questa esigenza per arrivare ad inserire in azienda, tra due anni, almeno 70 super tecnici… una goccia nel mare rispetto alle richieste del mercato. Ed in questo senso auspichiamo che ragazzi e famiglie, al momento della scelta post diploma, colgano l’enorme opportunità che la digitalizzazione sta portando in termini di crescita professionale e di inserimento lavorativo”.
I TECNICI PER INDUSTRY 4.0
La lunga strada verso la digitalizzazione
Si fa presto a dire “Industria 4.0”. Come se bastasse cambiare un macchinario e per magia tutto diventa digitalizzato… processi, persone, strumenti e linguaggi.
Così non è, la strada verso una digitalizzazione vera in ambito industriale è lunga e passa innanzitutto per un cambio culturale che deve correre di pari passo con il rinnovamento tecnologico e un’iniezione di nuove professionalità in ambito digital e Ict. Senza queste ultime la digitalizzazione sarebbe come un guscio vuoto o una Ferrari senza carburante, se si preferisce.
Ce lo racconta bene l’Ingegner Gianni Dal Pozzo, amministratore delegato di Considi Società di Consulenza Direzionale che accompagna le Aziende Industriali verso l’Eccellenza Operativa LEAN anche grazie alle opportunità tecnologiche di Industria 4.0. Una trasformazione che si nutre dei dati che la tecnologia rende disponibili.
Ma a quali dati ci riferiamo parlando del mondo industriale?
“Data is the new oil, i dati sono il nuovo petrolio, come ha titolato l’Economist qualche anno fa, esordisce, per far capire quanto siano fondamentali i dati nel complesso del valore di un’azienda. La digital transformation è inevitabile e questa pandemia ha posto ancor più all’attenzione il tema. Il digitale diventa strumento abilitatore di accelerazione”.
Quindi l’innovazione è in qualche modo obbligatoria per poter competere…
“La scelta di passare al digitale deve avere come base la necessità di innovare i tre fronti di un’azienda: il modello di business, i prodotti e i processi. Sul fronte modello di business pensiamo al tema della Servitization. Ormai sappiamo che il consumatore è sempre più propenso ad acquisire un servizio più che un prodotto: un esempio lampante che tutti utilizziamo è rappresentato da Netflix o piattaforme simili che con l’algoritmo di Machine Learning guida le nostre scelte di visione. Ma non facciamo l’errore di confondere il digitale con il fine; il digitale è lo strumento a supporto del modello di business che oggi, grazie ai dati, consente l’innovazione del prodotto: pensiamo alle molte aziende inserite in una filiera B2B. Queste non hanno il contatto con il consumatore finale ma proprio grazie ai dati che il loro singolo prodotto/componente è in grado di restituire possono migliorare il processo o attivare la vendita di servizi alternativi soprattutto in chiave manutentiva se pensiamo, ad esempio, ad un impianto. Grazie ai dati riesco a fare business”.
Processi ed efficienza
“Sul fronte dei processi e quindi dei macchinari, che sono un po’ il cuore della manifattura industriale meccanica e meccatronica del Nordest, attraverso l’innovazione digitale posso migliorare qualità ed efficienza. Ad esempio posso misurare in tempo reale le prestazioni, ricavarne curve di ottimizzazione per fare in modo che la macchina migliori l’intero processo che governa”.
La potenza dei dati quindi… che ci porta in qualche modo a parlare di IA – Intelligenza Artificiale, che pensiamo lontana ma di fatto è già tra noi e di Machine Learning.
“Certo il Machine Learning è una parte dell’intelligenza artificiale. Semplificando, si traduce in algoritmi statistici che consentono alla macchina di apprendere attraverso modelli matematici consentendo calcoli rapidissimi e scelte molto banali. Ma, come dice Federico Faggin “manca la consapevolezza”… io aggiungo che la macchina non chiede mai perché, la macchina fa calcoli e dà risposte. Gli algoritmi di Machine Learning consentono di ottimizzare i processi e li accelera grazie alla potenza di calcolo di cui disponiamo oggi.”
Industry 4.0 in qualche modo dà voce agli impianti…
“Un esempio con la manutenzione di un impianto rende tutto più chiaro: se dispongo dei dati di rumorosità o di assorbimento dell’energia elettrica di un motore grazie alla sensorizzazione di questo motore e alla raccolta dei dati riesco ad individuare delle soglie di confidenza oltre le quali il motore, ad esempio, sta andando sotto stress e potrebbe bloccarsi. Riuscire a predire il guasto, lavorando sulla manutenzione ordinaria, mi consente di aumentare l’efficienza dell’impianto, evitando che si fermi. Ecco che la predizione del guasto, possibile attraverso il dato, diventa uno strumento potente di innovazione”.
Gli algoritmi di Machine Learning sono trasversali a tutto e abbiamo capito che funzionano perchè ci sono i dati. Ma è sempre l’uomo che deve governare questo processo.
Questo ci porta al Tecnico che deve saper leggere il dato, individuare la direzione del suo utilizzo, rispondere ad una richiesta di problem solving dell’azienda rispetto al processo della filiera nel suo complesso.
“La mole di dati in gioco nel processo produttivo è enorme e la capacità di calcolo potente. Ma i dati devono essere capiti, estrapolati, tradotti in un modello matematico e direzionati. In questo contesto servono professionalità a vario livello. Nel caso specifico la figura come quella che si diplomerà al corso ITS Meccatronico di Machine Learning and Data Visualization Specialist o Data Scientist è oggi strategica. È sicuramente una delle professionalità più preziose in questo momento. La gestione dei dati, la gestione del data base, il fatto di saper individuare un algoritmo, di descriverlo e modificarlo è competenza di un Tecnico Superiore ITS. Oggi non se ne trovano nel mercato e se ci fossero sarebbero assorbiti immediatamente al 100%”.
A che punto è il percorso di digital transformation nelle aziende del NordEst?
“Come si diceva all’inizio la digitalizzazione è un processo segnato. Molte aziende stanno ancora muovendo i primi passi in questa direzione ma c’è la consapevolezza. Nel nostro distretto meccatronico sarà inevitabile, ad esempio, che un macchinario sia dotato di un algoritmo predittivo per guidare la manutenzione e l’efficienza dell’impianto. Gli imprenditori capiscono quindi l’importanza di strutturarsi includendo al proprio interno il Tecnico Machine Learning”.
Da qui la necessità di farsi trovare pronti dal punto di vista delle competenze quando il processo di trasformazione investirà la maggior parte del sistema produttivo.
Digitalizzazione e sostenibilità vanno a braccetto…
“Certo grazie al digitale facciamo sostenibilità, ormai inevitabile, necessaria e prevista nel Piano Industry 4.0. Il dato e la sua analisi permettono di attivare strategie di miglioramento del processo. Un processo che deve essere sostenibile in un‘ottica di ottimizzazione dei consumi e rispetto dell’ambiente, qualunque sia la mia azienda. Nel dato c’è la risposta intelligente a nuovi servizi e soluzioni sostenibili”.
C’è un tasto dolente in questo percorso che vede la formazione di nuove figure specializzate ed è la presenza delle ragazze, delle studentesse che ancora troppo poco vediamo impegnate negli studi in area digital e STEM. Come invogliarle verso percorsi di questo tipo?
“Guardo alla mia azienda e vedo che lo staff è composto al 40% da donne. E questo semplicemente perché hanno una marcia in più, ci mettono passione e si fanno coinvolgere. L’altra riflessione poi si sposta sul sistema Paese che purtroppo non aiuta nel momento in cui si desidera conciliare lavoro e famiglia. Ma l’ambito tecnico di cui parliamo con il Machine Learning e gli altri percorsi in area Digital è sicuramente infra-genere. Qui le ragazze possono davvero fare la differenza, anche le ragazze che frequentano indirizzi scientifici”.
FORMARSI PER I “MESTIERI” 4.0 IN VENETO: TECNICA E CREATIVITÀ
ITS e SMACT Competence Center: la sfida alla Digital transformation passa anche per i corsi ITS
Favorire l’incontro tra energie positive e competenze strategiche per facilitare e sostenere la digital transformation di cui il nostro Paese ha bisogno. Una trasformazione che richiede tecnologie, certo, ma anche persone, soprattutto giovani capaci di governarle. Formarsi per I mestieri 4.0 in Veneto può portare lontano. È con questo proposito che è nata la collaborazione tra il nostro ITS Meccatronico Veneto e lo SMACT Competence Center del Triveneto per formare quelle figure in area digital e ICT che non si trovano. Una collaborazione che si avvale di un altro tassello importante rappresentato da Fòrema, società di formazione e consulenza di Assindustria Venetocentro. Una realtà che ben conosce il bisogno e la richiesta delle aziende di poter disporre di profili con competenze digitali; quelli difficili da trovare per capirci, quelli che le aziende assumerebbero in un batter d’occhio… se soltanto li trovassero.
Ne parliamo con Matteo Faggin, Direttore Generale di SMACT che dall’osservatorio privilegiato del competence Center registra la realtà del mismatch di competenze per guidare il percorso di trasformazione.
Qual è la ricetta per colmare questo mismatch?
Partiamo da un dato di fatto: sia gli umori sia le ricerche, e quindi i dati, ci confermano una realtà molto chiara. Ciò che manca quando parliamo di investimenti nella digitalizzazione delle imprese, paradossalmente, non sono né i capitali né le tecnologie. Sono le competenze ovvero quelle persone che in azienda si fanno carico dell’inserimento di un nuovo modo di lavorare e si adoperano per integrare le tecnologie nelle attività aziendali quotidiane. Questo può passare solo esclusivamente attraverso una maturazione delle competenze in area digital dei dipendenti delle aziende.
“Serve un reskill complessivo e interno alle aziende”
Perché non può essere il consulente, né il ricercatore che attiva un progetto per poi trasferirlo all’azienda a farsi carico di un cambiamento così profondo. Il cambiamento deve coinvolgere le risorse interne attraverso un reskill complessivo e attraverso nuove assunzioni di persone formate. A tutti i livelli. Laureati da un lato ma anche Tecnici Superiori. Tutti devono e possono concorrere a questa trasformazione.
Il mercato, Industry 4.0 e la digitalizzazione richiedono queste figure e questo ci porta al tema della formazione. Ma quali sono le competenze richieste?
Questo è un aspetto fondamentale. Se è vero, infatti, che i giovani sono nativi digitali e sanno maneggiare le tecnologie con una competenza estrema è pur vero che in azienda i temi, come pure le applicazioni, sono diversi. Ed è qui che subentrano e si richiedono competenze specifiche. Non è sufficiente saper usare una app o maneggiare con dimestichezza un software. Bisogna sapersi confrontare con le tecnologie presenti in azienda. Ma servono anche spirito critico e capacità di analisi. Se i ragazzi abbinano queste qualità sicuramente soft con la competenza tecnica specifica non avranno nessun problema a trovare lavoro.
Ed è qui che entra in gioco la formazione duale dell’ITS…
Certo, essa risulta fondamentale perché In questo momento storico è un tassello strategico per guidare questa propensione dei giovani e rispondere al contempo alle richieste delle aziende. Ed è un’opportunità unica di crescita e di carriera per i giovani, appassionati di tecnologia, che devono capire che non sempre la laurea è la risposta al loro bisogno di formazione e alle necessità attuali delle aziende. E la loro crescita può essere veramente guidata dalla passione e dalla voglia di mettersi in gioco in un percorso come l’ITS. Un percorso che abbinando la formazione teorica a quella pratica ha un valore enorme oggi. Lo testimonia il feedback positivo delle aziende disposte ad accogliere in tirocinio i ragazzi del corso in Cyber Security: a fronte di una ventina di studenti ben oltre 30 aziende hanno dato la loro disponibilità.
Integrare ITS e Università, un passaggio strategico e culturale
Per quelli poi che desiderano proseguire la formazione ad un livello ulteriore è sicuramente positivo avere integrato il riconoscimento dei due anni per il passaggio all’università. Ciò significa non precludere un percorso universitario e venire incontro al contempo alle percezioni delle famiglie. Saranno pochi questi ragazzi ma non importa era fondamentale superare questa dualità in una logica di collaborazione .
Veniamo ora alle figure professionali: l’anno scorso è partito il primo corso di Cyber security specialist, un profilo trasversale a tutte le realtà. Il dato viaggia ormai in digitale e richiede figure che proteggano questi flussi.
Le aziende più strutturate sicuramente sono più propense a dotarsi di profili interni. Ma in tutti gli altri casi il consulente specializzato in Cyber Security ha ottime prospettive e opportunità. I problemi di hackeraggio sono quotidiani e anche in questo caso trasversali, hanno il potere di bloccare di fatto le aziende. C’è quindi fame di esperti in questo settore. Ciò che va sottolineato e che i ragazzi dovrebbero capire è che si tratta di un lavoro per certi versi divertente e sicuramente creativo e affatto noioso. Per combattere gli hacker bisogna capire come si muovono, come pensano, come si sviluppano le tecniche di attacco e come ci si difende.
Formarsi per i mestieri 4.0 in Veneto
Da quest’anno si avvia anche il corso per formare il Machine learning & data visualization Specialist, figura che sfrutta l’intelligenza artificiale: qui l’analisi dei dati diventa strategica in una logica competitiva.
Senza dubbio. Dobbiamo partire da un dato di fatto ovvero dagli investimenti fatti dalle aziende sulla base degli incentivi fiscali del piano Industria 4.0 per il rinnovo dei macchinari di produzione. Questi dovevano avere la caratteristica di essere anche 4.0 ovvero connessi al sistema aziendale e in dialogo con i gestionali. Ciò significa che queste macchine generano una quantità di dati enorme ma le aziende non sanno come usarli. Ne comprendono il valore ma non sanno farlo emergere. Da qui la necessità di figure che riescano a scoprire questo valore. Si tratta di un percorso che permette a ragazzi e ragazze di capire come trovare il dato, conoscere le tecniche di analisi per trovare i collegamenti tra un dato e l’altro per favore la produttività, ridurre problemi nella produzione o aumentare l’ingaggio con clienti e fornitori.
Se vogliamo fare un esempio concreto questo è ciò che fa Facebook con l’utilizzo spinto di dati di noi utenti…
Certo Facebook lo applica tutti i giorni e queste tecniche di lettura e utilizzo del dato possono essere inserite anche nelle aziende 4.0. Gli stessi imprenditori ormai comprendono questo ed è per questo che è una professione in grandissima ascesa. E anche qui ritorna forte il tema della creatività sia in fase di utilizzo di una tecnica o di un’altra per far emergere il dato sia in fase di visualizzazione. Perché poi alla fine la sintesi grafica è fondamentale e la possiamo considerare una forma di arte funzionale a mettere il manager nelle condizioni di decidere e in questo il Machine learning & data visualization Specialist può fare la differenza. In qualche modo si tratta di un nuovo mestiere 4.0 che trova valore nei dati e che richiede creatività e abilità tecnica.
Un role model per i ragazzi e le ragazze?
Gli esempi di Mark Zuckerberg e di tutti i suoi colleghi della Silicon Valley parlano da soli. Questi sono percorsi che ti permettono di acquisire quegli skills che aprono le porte del mercato per diventare l’imprenditore digitale richiesto oggi.
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